lunedì 25 marzo 2013

Respirare

When it is dark enough
you can see the stars

(Ralph Waldo Emerson)

Sono state settimane di lontananza dal web. 
Dopo l'ultimo fallimento, avevamo bisogno di capire che cosa fare. Se fosse il caso e, soprattutto, se avessimo ancora voglia di seguire la strada della PMA oppure no. 
Durante questi mesi, ho incontrato tante donne con una lunga storia di stimolazioni (e fallimenti) alle spalle. Pronte a tentare e ritentare ancora. E mi sono chiesta fino a quando riuscirò ad andare avanti.
Mi sono chiesta se, a questo punto, non avremmo più chance affidandoci semplicemente alla natura, al caso a Dio (?).
Il fatto è che la mia età non lascia spazio a tutti i dubbi che si affollano nella mia mente. Richiede delle decisioni immediate. Bisogna scegliere una strada, subito. E in questo momento, io non me la sento di sottopormi ad un'altra stimolazione prima dell'estate (come vorrebbe il centro).
Eppure, a giorni alterni,cerco di minare le mie decisioni e quelle di Sam, riproponendo la stessa domanda "Allora, ritentiamo naturalmente?". Si.
Si, nonostante il nostro medico ci ricordi, garbatamente, che il tempo non è mai un investimento. Che i miei ovociti hanno la mia stessa età..e quindi, a 38 anni, non è un bene lasciare scorrere i mesi senza provare ancora.
Tutte cose che ci siamo detti e ridetti. Ma i risultati che abbiano ottenuto fin'ora, ci spingono ad altre considerazioni. Una gravidanza, l'unica, ottenuta naturalmente. Quattro tentativi di PMA falliti. Quattro stimolazioni alle quali non ho risposto bene, ad eccezione di una. Alla mia domanda se valesse la pena assumere tanti farmaci e investire tante energie per trasferire un unico embrione che non aumenterà le nostre probabilità di successo, rispetto a quanto potremmo fare naturalmente, il medico ha detto che, effettivamente, se la mia risposta continua ad essere questa loro non possono esserci d'aiuto. Ciononostante, ci dice di riprovare e di farlo prima possibile.
E io? Ripenso alle mie labbra "bruciate" dai farmaci, alle speranze e alle delusioni di quest'ultimo anno passato tra siringhe e camici bianchi. Alla nostra intimità che abbiamo dovuto programmare in funzione dei tamponi, delle visite, dei pick up.
Ho voglia di respirare. Di pensare che se ce l'abbiamo fatta una volta, possiamo farcela ancora.
Poi, d'un tratto, penso che forse sbagliamo, che dovremmo ascoltare il nostro centro. Penso a quelle donne che hanno la forza di tentare e ritentare, sorrette dalla certezza che la scienza le aiuterà ad abbracciare un figlio. Sei, sette, otto tentativi. Sono il doppio dei miei. Mi dico che forse il prossimo potrebbe essere il tentativo giusto.
E allora interrogo Sam. Chiedo conferma delle nostre decisioni. Chiedo un pò di quell'ottimismo che lo contraddistingue.
"Non lasciate che vi rubino la speranza", ha detto il nuovo il Papa, qualche giorno fa. Le sue parole mi hanno colpito perchè è proprio l'esercizio che stiamo cercando di fare. Non semplice ma ci proviamo. E quando mi sembra di non riuscire a trovare nel mio cuore neanche un briciolo di quella speranza, penso a mia figlia e a quando ci salutava sul monitor agitando le manine.E respiro.